Con il 2015 si chiude un anno miserabile per l’oro nero, caratterizzato da bruschi collassi  fautori di ingenti perdite per aziende del settore e loro investitori.

La prospettiva di un miglioramento per il settore degli idrocarburi nel 2016 sembra essere  estremamente lontana, offuscata dagli evidenti problemi di sovvraproduzione e dalla consistente debolezza della domanda.

Per i giganti petroliferi il nuovo anno si preannuncia focalizzato su riduzione dei costi, rifinanziazione, possibili M&A  e in alcuni casi, bancarotta. Le aziende del settore concordano nel dire che nel prossimo futuro verrá posta  maggiore enfasi su quei progetti in grado di generare introiti nel breve termine, accantonando per il momento i piani di esplorazione e sviluppo orientati al lungo periodo.

Risulta difficile credere ad un improvviso recupero del prezzo del crudo, soprattutto se si considera la recente decisione del governo americano di eliminare il divieto di esportazione del petrolio statunitense, provvedimento che consentirebbe l’aggiunta del crudo americano al giá preoccupante arrivo di quello iraniano sul mercato.

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Nonostante ció il 2016 si prospetta come un anno sfidante e decisivo per il settore degli idrocarburi. Dopo lunghi anni di attivitá e di scarse prese di posizione, il bacino del Mediterraneo sembra essere finalmente al centro dell’attenzione. Sul tavolo vi sono questioni importanti e a deciderne le sorti saranno i rapporti di una variegata costellazione di soggetti.

A seguito della scoperta del giacimento di gas Zohr situato nell’offshore egiziano del Mar Mediterraneo,  l’Egitto ha visto cambiare completamente il suo ruolo all’interno del panorama energetico mediorientale, passando da paese in deficit energetico a possibile massimo esportatore della zona. Ad alimentare l’euforia per la gigantesca scoperta, (si parla di 850 miliardi di metri cubi di gas), é arrivata la notizia secondo lo quale sotto Zohr vi sarebbe un altro giacimento. La speranza del governo egiziano per il prossimo biennio é quella di veder crescere lo sviluppo di Zhor a ritmi rapidi e sostenuti. Gran parte di questo gas sará destinata al mercato interno egiziano, ma non é escluso l’export. L’Egitto potrebbe iniziare a esportare GNL, sfruttando la vicinanza a Italia e Spagna, e i loro numerosi terminali di rigassificazione.

D’altro canto la scoperta di Zohr si é rivelata un autentico problema per Israele che vedeva nell’Egitto il principale importatore del gas proveniente dai  suoi giacimenti di Leviatahn e Tamar, scoperti nel 2010.  Il complicarsi dell’opzione egiziana per Israele fa risorgere la possibilitá di una pista turca. La Repubblica Turca, nell’ultimo decennio, ha visto raddoppiare il proprio fabbisogno energetico, ragione in piú perché Israele inziai a guardare ad Ankara.

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La Turchia ha espresso piú volte il suo interesse per un’ulteriore diversificazione delle proprie fonti di approvvigionamento: le importazioni un tempo garantite dal nord dell’Iraq sono state bloccate dalla presenza dello Stato Islamico, il flusso russo e quello iraniano sono instabili, e il completamento del gasdotto Trans-Anatolian é stato rimandato sino al 2020. Il gas israeliano sembrerebbe dunque la panacea di tutti i mali, se non fosse per le fredde relazioni tra i due stati, causate dalla disapprovazione di Ankara per il forzato embargo a cui Israele costringe la striscia di Gaza.

Qualora le negoziazioni fra Israele e Turchia si stabilizzassero durante il 2016, permettendo l’inizio delle esportazioni di gas del primo verso il secondo, assisteremo all’ascesa di Cipro come fondamentale punto di connessione tra i due paesi, giacché un potenziale gasdotto dovrebbe passare attraverso la EEZ cipriota.

Nel frattempo, é previsto in agenda per il prossimo 28 Gennaio un incontro fra i leader  di Israele, Grecia e Cipro per discutere di sicurezza energetica.

Sull’export i governi dialogano da tempo sulla realizzazione di un possibile tracciato Israele-Cipro-Grecia-Italia per far arrivare il gas alla rete di distribuzione europea attraverso il gasdotto transadriatico (Tap) ma è un progetto che si scontra con difficoltà tecniche – e costi assai alti – dovuti ai fondali sottomarini fra Cipro e la costa ellenica.

Da qui l’ipotesi alternativa di coinvolgere l’Egitto, facendo arrivare il gas israeliano fino a Damietta dove la spagnola Union Fenosa, controllata da Eni, ha un centro di liquefazione che consentirebbe l’export via mare.

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A concludere il quadro vi é la questione libica. La Libia presenta grandissime potenzialitá di sviluppo, anche sulla base delle recenti scoperte nell’offshore. Senza dubbio, ció che mina lo sfruttamento di questo potenziale é l’instabilitá politica del Paese. Stabilizzare la Libia potrebbe rappresentare la chiave per quietare molti dei conflitti in Medio-Oriente, come ad esempio quelli in Siria e Iraq. Stemperare il conflitto Libico spingerebbe la creazione di un’infrastruttura che permetta all’Europa di avere gas non solo da Nord o da Est, ma anche da Medio Oriente e Africa.

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In conclusione l’unione delle risorse di Egitto, Israele, Cipro e Libia auspica la creazione di un vero e proprio hub del gas nel Mediterraneo. Nel lungo termine, questo nuovo scenario potrebbe lanciare la sfida al gigante russo come principale fornitore di gas all’Europa.

Maria Mura | Energy Consultant

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